26 L'Evo-Devo
(Evolutionary Developmental Biology - biologia evolutiva dello sviluppo)
Tutti i fenomeni biologici: dalla crescita dell’organismo intero allo sviluppo delle forme, dalla fisiologia alle risposte alle patologie, dall’organizzazione molecolare alla posizione degli organi, tutto questo complesso organizzativo ed evolutivo può venir compreso e reso unitario nello studio della biologia evolutiva e dello sviluppo[1].
Noi rappresentiamo la sintesi dell’evoluzione della specie e ciascuno del suo sviluppo individuale; ed entrambe queste due dinamiche sono il risultato – la trascrizione – della nostra molecola immortale, ma plastica e rinnovabile: il DNA dei geni. Fino a pochi anni fa si ricercavano i geni caratteristici di ciascuna specie, ma lo studio non ha dato alcun risultato, anzi analizzando il genoma del moscerino della frutta, la Drosofila melanogaster, modello di studio per la ricerca genetica riguardante lo sviluppo e comparando i genomi tra organismi diversi ci si è accorti che interi segmenti genetici ripetitivi erano pressoché identici in organismi distanti dal punto di vista tassonomico. Tra l’altro il numero dei geni di ciascuna specie non correlava affatto con la complessità degli organismi: il moscerino della frutta, ad esempio, possiede meno geni del nematode Chaernorhabtidis elegans, altro modello per la ricerca genetica, pur possedendo un maggior numero di cellule ed una maggiore complessità organica. Noi, del resto, possediamo come corredo solo 26.000 geni, solo poche migliaia in più del moscerino della frutta e quasi lo stesso numero di quanti ne possieda il riccio di mare Strongilo-centrorsus- purpuratus, che ne possiede 30.000, organismo che per certi versi sembrerebbe più complesso avendo un numero di geni implicati nell’attività del suo sistema immunologico.
Si è constatato che la maggior parte dei geni identificati come responsabili degli aspetti organizzativi e fondamentali per la struttura dei moscerini sono implicati nelle stesse funzioni in molti animali compreso l’uomo. Non solo, si è scoperto che gli stessi organi di organismi di specie divere sono regolati dalle stesse sequenze geniche.
Benché la dinamica evolutiva della rete genica sia diversa da specie a specie, lo studio dei genomi ha evidenziato una identica uniformità costruttiva, una comune scatola di montaggio: chiarendo ad esempio che le pinne dei pesci si modificano negli arti dei vertebrati terrestri; come cicli successivi di modificazioni hanno regolato le parti iniziali del tubo digerente – la bocca – e ancora quanti tipi di occhi sono stati assemblati a partire dalle prime cellule fotosensibili da identici geni. L’uniformità costruttiva – la comune scatola di montaggio – viene di volta in volta modificata dalla contingenza e dall’evoluzione stessa, come se ogni specie rappresentasse il famoso fiocco di neve, la cui struttura è identica a tutti, ma il cui prodotto finale è unico per la contingenza evolutiva che li plasma, li diversifica li rende unici. Lo stesso principio simile a quello che avviene per i corsi dei fiumi, che alla base sono simili essendo dei frattali, come espressione del lato matematico del mondo, ma risultano diversi per fattori contingenti: per il diverso bacino imbrifero, la diversa pendenza e struttura del terreno; fattori tutti che li rendono unici ed irripetibili, come i singoli fiocchi di neve.
La struttura della biologia evolutiva dello sviluppo (l’Evo-Devo) ripete quella della realtà e si uniforma a quella universale: una rete ordinata ne costituisce la base e la contingenza, espressa dai fattori evolutivi ed ambientali, la plasma e la diversifica. La struttura genica esprime l’ordine, che si estrinseca ad esempio evidenziando l’identità dei 23.000 geni del topo e dell’uomo, o la presenza del 98% degli stessi geni tra lo scimpanzé e l’uomo!
L’evoluzione di un organismo complesso a qualsiasi livello tassonomico appartenga è frutto pertanto della semplicità iniziale a cui di volta in volta si aggiungono e si sovrappongono i fattori contingenti evolutivi frutto di modifiche genomiche e dell’ambiente stesso. Tutti i fenomeni biologici dalla crescita dell’organismo intero allo sviluppo delle forme, dalla fisiologia alle risposte alle patologie, alla’autoguarigione, dall’organizzazione molecolare alla posizione degli organi: tutto questo complesso organizzativo ed evolutivo unitariamente fa parte dello studio della biologia evolutiva dello sviluppo.
La ricerca e lo studio dei moduli genetici omologhi, di interi tratti del genoma, venivano considerati piuttosto inutili da Ernst Mayr[2], uno degli architetti della sintesi moderna, tranne che tra specie strettamente imparentate ed affini. La genomica comparata ha pertanto sovvertito la supposizione che esistessero geni specifici per le diverse specie, mentre ha dimostrato la conservazione di modelli genetici stabili da milioni di anni: come ad esempio il gruppo dei geni Hox, preposto allo sviluppo segmentale del corpo dagli animali dagli artropodi ai cordati o altri coinvolti alla formazione degli arti o delle ali nei vertebrati e negli insetti e quel gene che l’uomo possiede in comune col corallo – Acropora Millipora[3] – che predispone l’assimetria tra la parte anteriore e quella posteriore del corpo. Il corallo infatti è il primo organismo a simmetria bilaterale anziché raggiata, ma asimmetrico tra la parte anteriore e quella posteriore; inoltre possiede geni in comune con l’uomo più di quanti l’uomo ne ha con la Drosofila o con il Caernorhabditis elegans, organismi evolutivamente più vicini. A dimostrazione che il concetto di una evoluzione progressiva e lineare supposto da Darwin deve essere modificato da quello prospettato da Stephen Gay Gould di un’evoluzione discontinua caratterizzata da cambiamenti bruschi e da interruzioni intermedie.
Lo studio dell’EVO-DEVO (Evolutionary Developmental Biology - biologia evolutiva dello sviluppo) è l’area più promettente della recente ricerca biologica, che focalizza nell’RNA la molecola chiave dell’epigenetica; l’RNA infatti è stato in un recente supplemento di Nature definito “il Big-Bang” della genetica. Si intravede nelle attuali ricerche la possibilità che le modificazioni ereditarie possano insorgere escludendo il DNA, ma essere il risultato delle attività incentrate dall’RNA.
L’EVO-DEVO rappresenta pertanto il nodo sul quale converge da una parte lo studio dell’evoluzione, intesa come selezione naturale e che trova nel genotipo la propria l’essenza e dall’altra lo sviluppo del fenotipo, che risente delle situazioni contingenti, sia esterne ambientali, che genomiche interne, capaci entrambe di plasmarlo e di diversificarlo. Perciò é necessario studiare non solo la composizione, ma soprattutto la funzione del DNA; ed è il momento d’ora in poi di etichettarlo non più “spazzatura”, perché è essenziale alla regolazione genica e contemporaneamente rappresenta il fulcro dei cambiamenti genotipici, cioè il substrato su cui si materializzano le variazioni filogenetiche.
Un esempio che chiarisce l’importanza del DNA regolativo è dato dal gene che induce la crescita dei fibroblasti (FGF): se lo si blocca gli arti del vertebrato non si formano, se invece lo si attiva in sedi diverse, si abbozza la crescita di un arto nella sede voluta. La ricerca, anche in questo caso travalica i confini etici perché potremmo diventare fabbricatori di novelli Frankstein!
La molecola del DNA non è per nulla stabile perché è soggetta a variare in seguito a numerosi meccanismi[4] presenti nei genomi sia degli archeobatteri che nei pro ed eucarioti; il che ci documenta che tali meccanismi sono una costante nella lunga storia della vita sulla terra. Del resto questa continua instabilità ha fatto sì, e fa sì, che segmenti genici ripetuti, ridondanti, a volte anche inutili, rappresentino il substrato dei possibili cambiamenti dell’RNA sia a livello filogenetico che ontogenetico. Cambiamenti indotti dall’ambiente, con la possibilità di indurre un nuovo biotipo, che in seguito potrà subire dall’ambiente stesso la pressione selettiva.
Le numerose sequenze ripetitive rappresentano la parte plastica e modificabile del DNA, capace in tal modo di rispondere a nuove esigenze funzionali con capacità adattative alla realtà esterna, in modo da permettere alle specie di adattarsi a nuove possibili nicchie ecologiche, costituendo in tal modo il lato molecolare della dinamica evolutiva. In un recente lavoro[5] le sequenze ripetitive Alu, ritenute sino a pochi anni fa DNA spazzatura sono considerate essere alla base di cruciali differenze tra le specie. Gli elementi Alu sono una specifica classe di tratti ripetitivi di DNA che inseriti nei geni esistenti sono in grado di alterare il tasso di produzione proteica, parametro fondamentale per lo sviluppo di differenti caratteristiche biologiche, non per nulla sono apparsi nel corso dell’evoluzione dei primati tra i 60 ed i 70 milioni di anni fa e non si osservano nel genoma di altri mammiferi.
Anche l’evoluzione, sia in senso genotipico che fenotipico, è condizionata da due distinte dinamiche che integrandosi sono responsabili del risultato finale dell’individuo: la prima è la struttura genetica, simil-matematica, che uniformemente condiziona e sovraintende lo sviluppo: il numero degli arti, la posizione testa-coda e quella degli organi, la bilateralità ed i tanti condizionamenti dello sviluppo organico e strutturale, e la seconda dinamica, che risente del condizionamento ambientale ed é considerata nell’ambito dell’evoluzione darwiniana, perché influenzata dalle dinamiche esterne plasmansi nel tempo e determina le infinite modalità di variazione; questa seconda è più duttile e dipende dai mille battiti d’ali, che le specie nel tempo subiscono. E’ la parte che maggiormente risente ed è condizionata dalla contingenza. Anche a livello genomico la contingenza si esplicita; recentemente sono stati pubblicati i risultati preliminari della ricerca “1.000 Genoma Project” riguardante le differenze genomiche tra genitori e figli. Sin dal 1947 Haldane aeva prospettato che il genoma paterno, a causa del maggior numero di copie nesessario per la produzione dello spermatozoo fosse esposto maggiormente a mutazioni rispetto a quello materno per la maturazione dell’ovocita. Sino ad ora il tasso di mutazione era stato ottenuto come media su individui dei due sessi o su diverse generazioni. Nel recente lavoro è stata evidenziata l’esistenza di una variabilità delle mutazioni tra il genoma paterno e materno in due famiglie. Questo ad indicare la continua evoluzione del DNA, la molecola che giustamente Simon Conway Morris ha definito essere la più strana dell’universo[6]. In breve possiamo pertanto definire la dinamica evolutiva nel suo complesso frutto di una dinamica di base di stampo strutturale matematico, quella propriamente genetica e di una seconda, frutto della contingenza e della variabilità del mondo che sovrapponendosi alla prima la plasma e la diversifica. Anche in biologia considero questi due aspetti della realtà essere la base e rappresentare il fondamento di tutte le dinamiche universali.
[1]
Boncinelli E. Biologia dello sviluppo. Carrocci Ed. Roma 2001
[2] Mayr
é considerato uno dei Massimi studiosi dell’evoluzione animale, in particolare
dei meccanismi che presiedono alla "speciazione”. Per speciazione si intende un processo
evolutivo grazie al quale si formano nuove specie da quelle preesistenti. In molti
dei suoi scritti, Mayr ha respinto il riduzionismo nel campo della biologia
evolutiva, sostenendo che agiscono pressioni evolutive su tutto l'organismo,
non su singoli geni, e che i geni possono avere effetti diversi a seconda della
presenza di altri geni. Ha sostenuto lo studio di tutta il genoma piuttosto che
dei geni isolati.
[3] Kortschak D. e Coll. Current Biology 13,
2190-2195, 2003
[4]
Crossingover non omologo, conversione genica, trasposizione,
retrotrasposizione.
[5] Shihao Shena,
Yi Xing and coll. Widespread
establishment and regulatory impact of Alu exons in human genes PNAS 2011 108 (7) 2837-2842
[6] “Life’s Solution: Inevitable
Humans in a Lonely Universe”
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