venerdì 17 agosto 2012

14 Il mondo dei quanti


14            Il mondo dei quanti



Dopo aver sommariamente descritto la storia dell’Universo della “terra di mezzo” ed esserci avventurati in quello astronomico di Einstein dobbiamo, è gioco-forza, entrare in quello ancor più misterioso del mondo dei quanti, che inizia finalmente nel terzo millennio ad essere maggiormente considerato, anche se da decenni le sue dinamiche ci hanno permesso di raggiungere traguardi sino a pochi anni fa inimmaginabili. Del resto le rivoluzioni scientifiche hanno determinato e continueranno a determinare veri e propri tzunami in campo filosofico e culturale e conseguentemente, sociale; basti ricordare “la caduta dell’Eliocentrismo”[1], che di riflesso ha provocato l’inizio dello sgretolamento dei dogmi religiosi con risvolti filosofici a loro volta forieri di sovvertimenti sociali epocali. E’ questo il motivo di fondo per cui la chiesa cattolica ancora dopo centocinquant’anni contrasta puerilmente e caparbiamente la teoria evoluzionistica di Darwin: la teoria che chiarisce l’evoluzione della vita. 



Così cent’anni fa la relatività di Einstein e l’indeterminazione di Heisenberg hanno rappresentato il battito d’ali dell’atto finale di un modo di intendere sia le scienze che la realtà stessa, atto, comunque, che tuttora è ben lungi dall’essere ancora completato! Per supplire all’inadeguatezza della dinamica classica, per spiegare i fenomeni e le proprietà che l’universo atomico via via presentava[2], fu inevitabile introdurre l’ipotesi che la luce possedesse un comportamento simile alle particelle, oltre quello ondulatorio come prospettato da Maxwell ed anche che l'energia potesse essere concettualmente rappresentata, come la materia, in forma granulare: i quanti[3]. Un semplice esempio esplicativo può chiarire il loro significato: lungo un piano inclinato il dislivello varia con continuità, se invece vi è una scala, la quota varia a secondo del numero dei gradini, supponendoli di eguale altezza; nel primo caso la quota è una variabile continua, nel secondo caso è "quantizzata", cioè: il "quanto" è l'altezza di un gradino. Il primo a introdurre iquesto concetto fu Planck, che studiando l'emissione del "corpo nero"[4] postulò che la radiazione elettromagnetica può propagarsi solo in pacchetti discreti, o quanti, la cui energia é proporzionale alla frequenza dell'onda elettromagnetica. Questo importante risultato rappresentò uno dei primi mattoni della nascente teoria della meccanica quantistica



Ed è ben strano che la teoria quantistica, la più sconcertante e sconvolgente, anche agli occhi ed alle menti degli stessi fisici che la proposero, sia rimasta da cent’anni relegata solamente nei manuali scientifici degli addetti ai lavori, anche se le conseguenze tecnologiche determinate coinvolgono “pesantemente” numerose attività della nostra vita; ad esempio l’effetto fotoelettrico[5] permette a milioni di persone di passare giornalmente attraverso le “porte che si aprono” dei supermercati, senza dover esclamare il comando di Ali Babà e dei quaranta ladroni: apriti Sesamo! 


Tutte le componenti elettroniche dei televisori, radio, computer, stampanti, telefoni, sistemi d’allarme, macchine fotografiche, che utilizzano microchips o transistors funzionano grazie alla fisica quantistica, che possiamo ben dire, condizionano la nostra vita quotidiana. L’elenco è ancora più numeroso e deve tener conto del laser, della chimica computazionale, della microscopia elettronica, della risonanza magnetica nucleare, e permetterà in un prossimo futuro agli imminenti computer quantistici di aumentare loro efficienza e velocità di calcolo. Praticamente tutto il mondo dei quanti, essenza nascosta della nostra realtà, condiziona sempre più la nostra vita quotidiana e, purtroppo è schizofrenicamente tenuto nascosto dalla cultura “ufficiale”, forse perché, come tutte le rivoluzioni scientifiche del passato – e questa rappresenta la rivoluzione delle rivoluzioni (!) – potrebbe costituire uno sconvolgimento epocale foriero di effetti capaci di sovvertire l’equilibrio dei poteri politico-sociali, che attualmente regolano la nostra vita. Secondo me la teoria quantistica potrebbe invece rappresentare un percorso scientifico per arrivare a comprendere con basi sperimentali quella realtà trascendentale che alcuni avvertono, che pochi considerano esistente, e che molti dileggiano. Forse una via anche per smussare ed annullare i contrasti esistenti tra la fede e la scienza. 

Queste fondamentali teorie: quella della relatività di Einstein, che ha stravolto il nostro usuale concetto spazio-temporale e quella della meccanica quantistica, che mina alla base il concetto stesso che abbiamo della realtà, allo stato attuale rappresentano i limiti del nostro sguardo per possedere la visione completa della concretezza dell’universo: non di quella che ci appare, ma di quella che effettivamente é. La teoria quantistica allo stato attuale sembra rappresentare il limite della conoscenza ed essere l’unica capace di sollevare il velo che ancora oscura, alla curiosità dell’uomo, la visione completa dell’universo. La teoria dei quanti, la rivoluzione scientifica più radicale pur essendo una teoria reale e totalmente validata, ci fa intravedere un nuovo mondo nel nostro mondo e forse é rimasta oscurata perché, mina alle radici le esperienze che abbiamo nel nostro ambiente e ci trova ancora culturalmente impreparati a recepirla. Infatti le sue conseguenze, sebbene provate a livello del microcosmo, se fossero trasferite nel “mondo della terra di mezzo”, sovvertirebbero le nostre più elementari esperienze: sarebbe negata la realtà obiettiva stessa della materia; la realtà sarebbe frutto dell’osservazione dell’uomo, il banale “post hoc ergo propter hoc”: il principio stesso di causalità cesserebbe di esistere, la materia potrebbe, in condizioni particolari essere teletrasportata come nella serie televisiva fantascientifica di Stark Trek; le parole “sempre” e “mai” dovrebbero essere sostituite solamente da “spesso” e “raramente”! 

Heisenberg[6] stesso, artefice della teoria, affermò che i paradossi della Teoria Quantistica “non spariranno durante la loro chiarificazione, ma risulteranno in futuro ancor più marcati ed eccitanti”. La realtà delle dinamiche dei quanti è propria del microcosmo e noi dobbiamo intenderla come una transizione di fase: come il ghiaccio che da solido diventa acqua. Non possiamo, se non con la fantasia, bere un the costituito da cubetti di ghiaccio! Ciononostante, con un po’ di fantasia, la granita di the può essere gustata! Il sistema fisico del microcosmo è condizionato dalle dinamiche delle strutture atomiche e dalle energie interatomiche e si manifesta con comportamenti del tutto peculiari. La meccanica che noi conosciamo: quella di Newton e di Galileo non è applicabile all’ambiente atomico, mentre quella del microcosmo può essere chiarita ed inquadrata nel complesso delle teorie fisiche formulate nella prima metà del XX secolo e riunite nell’ambito della dinamica quantistica. La frase che spesso Feynemann ripeteva è carica di significato: “Chi dice di aver compreso tutto della dinamica quantistica, sta a significare che non ha capito nulla!” Perché le dinamiche quantistiche: le grandezze ed il tempo, la fisicità stessa della materia è assolutamente aliena a noi: è un altro mondo, che dobbiamo conoscere ed interpretare con nuovi parametri annullando in linea di principio le considerazioni che per noi della “terra di Mezzo” sono “naturali”. E’ come fossimo trasferiti in un mondo extragalattico dove le formiche con un’ala a deltaplano e le pulci con un sistema sensoriale sonar a raggi ultravioletti e un video a cristalli di sodio sono responsabili della crescita dei piselli di diciotto megawatt nutriti con hamburgher di ananas cristallizzati e raffreddati a – 255°C! 

Ma tralasciamo questo chiaro esempio (!) molto esplicativo e fantasticamente fantascientificamente alieno e cerchiamo di inquadrare questo nostro nuovo mondo, descrivendolo e focalizzando gli aspetti che possono aiutarci ad intuire ed a comprenderlo ed a prospettare la risoluzione, seppur in forma nebulosa anche i nostri problemi esistenziali irrisolti e metafisici. 

All’inizio del secolo scorso il mondo della fisica sembrava aver raggiunto l’apice delle conoscenze ed i fisici erano pertanto convinti di aver raggiunto la comprensione di tutto quello che era dato da comprendere: le dinamiche, sia sulla terra che su scala planetaria, erano descritte con precisione nell’ambito della meccanica classica di Newton; la teoria di Maxwell chiariva ed esponeva i fenomeni elettromagnetici e la termodinamica evidenziava compiutamente i fenomeni relativi al calore, alla sua distribuzione ed alla sua diffusione. Solo alcuni fenomeni, apparentemente di poco conto, non potevano essere inquadrati nelle teorie già formulate: erano fenomeni marginali, che in seguito, come le iniziali crepe di solide mura, sono riusciti a scardinare l’intero castello delle conoscenze[7]

Uno dei primi fenomeni “marginali”, oltre quello del moto Browniano[8], non inquadrabile negli schemi scientifici del tempo, fu l’effetto fotoelettrico, chiarito da Einstein nel 1905 e che gli valse il premio Nobel per la Fisica nel 1925, introducendo i concetti della dinamica quantistica; teoria che rappresentò la rivoluzione scientifica capace di apportare una nuova e tuttora incompleta visione del mondo. L’effetto fotoelettrico consiste nell’emissione di elettroni da un metallo quando viene colpito da una radiazione luminosa (elettromagnetica) – in parole povere: quando i fotoni colpiscono gli elettroni periferici del metallo, cedendo loro la propria energia, rendono possibile il distacco dell’elettrone dall’atomo del metallo. A sua volta l’elettrone liberato può essere capace di innescare un contatto elettrico responsabile ad esempio a svolgere il ruolo di interruttore per aprire “la porta che si apre” o per far suonare una sirena d’allarme! Gli atomi di ogni metallo possiedono un propria soglia specifica di energia di estrazione, che superata, libera l’elettrone ad abbandonarlo. E’ questa una evidenza che ci permette di considerare la luce, secondo la teoria quantistica, essere costituita da quanti, i fotoni, particelle cariche di energia proporzionale alla frequenza di radiazione; praticamente il fotone cede energia ad un elettrone del metallo, solo se la frequenza della luce corrisponde all’energia necessaria[9]. Anche l’effetto Copton[10], che consiste nella deviazione di molti elettroni di un fascio colpito da un raggio luminoso, dimostra che la luce è formata da fotoni, come proposto dalla teoria. 
Ma la sorpresa più strabiliante fu l’aver intuito e nei fatti in seguito evidenziato, che la materia a livello atomico confina e si confonde con l’energia. 

L’atomo fino ad allora era considerato alla stregua di un sistema planetario: il nucleo e, nelle varie orbite a mo di pianeti, gli elettroni. Ci si accorse che era impossibile valutare la posizione e contemporaneamente la velocità dell’elettrone; inizialmente si suppose che i sistemi di valutazione per le loro dimensioni potessero influire sulla dinamica dell’elettrone, ma, con grande meraviglia ci si accorse che la posizione e la loro velocità sono due entità intrinsecamente non definibili contemporaneamente, proprio a causa dei confini sfumati della realtà esistente tra materia ed energia. Fu proprio Heisenberg che evidenziò questa incompatibilità e giustamente inserì il terzo elemento necessario alla valutazione dei due distinti parametri dovuta alla dualità materia-energia: cioè l’osservatore! Questa realtà determinò implicazioni e polemiche filosofiche, che furono motivo di accesi dibattici tra Einstein e Bohr e che indussero l’unificatore dello spazio-tempo, fino alla fine della sua esistenza, a ricercare, senza giungere alla risoluzione del problema! 

Anche l’energia ed il tempo non possono venir simultaneamente misurati a causa del principio di indeterminazione di Heisenberg, in quanto, per periodi minimali la (“nostra”) legge di conservazione dell’energia, subisce capricciosamente una sospensione. Il grado di indeterminazione esistente tra i vari livelli di energia e di tempo, per tempi che si aggirano al miliardesimo di trilionesimo di secondo, per un elettrone e per il suo corrispettivo di antimateria, il positrone, possono consentire a loro di emergere improvvisamente dal nulla! Se per noi della “terra di mezzo”, questa quantità temporale considerata non ha alcun significato, a scala atomica e subatomica consente agli elettroni di sfuggire dall’atomo stesso e farci comprendere, ad esempio, il fenomeno della radioattività e del decadimento alfa responsabile della radioattività naturale per cui l’uranio si trasforma nei millenni in piombo! Sappiamo che l’istante in cui viene rilasciata una particella alfa non è prevedibile ed anche che è un fenomeno raro. Per questo motivo, quando ci riferiamo ad un elemento radioattivo, parliamo di vita media: possiamo sapere solo per quanto tempo in media un atomo di uranio rimarrà uranio, ovvero in quanto tempo decadrà emettendo una particella alfa. Anche l’effetto tunnel, piuttosto raro: è un effetto con basi probabilistiche, quindi siamo a conoscenza che può avvenire, ma non siamo in grado di sapere quando; possiamo però stabilire, in media, ogni quanto tempo, una particella riuscirà a superare una data barriera di energia: questo é l’effetto tunnel[11], che consente ai protoni ed ai neutroni di poter superare la barriera energetica che condiziona il loro legame al nucleo atomico. Per essere un po’ più precisi non si dovrebbe parlare di probabilità di attraversamento, ma più semplicemente di probabilità che l’elettrone si trovi oltre la barriera, poiché a causa del Principio di indeterminazione, non è possibile osservare l’elettrone mentre attraversa la barriera, ma solo subito prima o subito dopo averla attraversata. Questo fenomeno, per noi quasi inconcepibile, viene del resto attualmente sfruttato dai diodi, utilizzati anche in un alcuni computer e nelle memorie flash, e da sempre anche dal Sole; se non ci fosse l’effetto tunnel la nostra amata stella non raggiungerebbe il calore necessario per mantenersi accesa. Gli effetti di queste sospensioni temporali possono far comparire, come dal nulla, le particelle, determinare l’attrazione o la repulsione elettrica o il superamento di barriere altrimenti invalicabili, la possibilità di fluttuazioni nel vuoto: un ribollire continuo tra il nostro nulla e la comparsa di briciole di materia! Il vuoto è considerato comunemente assenza di qualsivoglia struttura materiale, ma il concetto di vuoto secondo la meccanica quantistica è alquanto diverso: è simile, come asserito da Heinz Pagels[12] della Rockefeller University, alla superficie di un oceano. Vista da lontano la superficie del mare sembra immota e liscia, ma osservata da un marinaio: appare increspata da onde tremule o sconvolta da onde gigantesche. Per noi, della “terra di mezzo” che osserviamo il vuoto da lontano ancorati alla “terra di mezzo”, non consideriamo i particolari della sua superficie e non ci accorgiamo che dal suo limite ribollente emergono e spariscono particelle, che i fisici chiamano “fluttuazioni nel vuoto”. 

Questa non è fantascienza: è la realtà del mondo dei quanti. Ed è ancor più intrigante leggere su “Lectures on Three Buddhist Sutras: “Il Vuoto è come l’acqua, l’Esistenza come le sue onde”[13], dimostrando che la realtà a volte è avvertita al di là della scienza e della stessa realtà che ci appare! 

Ma non è solo il principio di indeterminazione di Heisenberg a lasciarci sgomenti; per addentrarci nell’universo dei quanti dobbiamo superare altre perplessità che Einstein stesso, pur avendo contribuito alla nascita della teoria, avvertiva, criticandola: era inconcepibile che una teoria fisica potesse considerarsi completa e valida pur descrivendo una realtà in cui esistono delle semplici probabilità di osservare alcuni eventi per i quali queste probabilità non sono frutto di statistica, ma di conoscenza. Non riusciva ad accettare che un qualcosa esistesse solo se veniva osservato: sosteneva con tutta la sua intrinseca cultura scientifica che la realtà: materia o radiazione erano elementi oggettivi, indipendenti dalla presenza o meno di un osservatore ed indipendenti dalle interazioni che potevano sviluppare con altra materia o radiazione. E’ rimasta famosa la sua frase rivolta a Bohr in uno dei tanti dibattiti: “Allora lei sostiene che la Luna non esiste quando nessuno la osserva?”. Le affermazioni probabilistiche fatte nell’ambito della meccanica quantistica sono irriducibili nel senso che non sono frutto della nostra limitata conoscenza di qualche variabile nascosta; nella fisica classica la probabilità viene considerata per descrivere il risultato del lancio del dado anche se pensiamo che il processo sia deterministico. La probabilità viene usata per sostituire la conoscenza completa. Nella meccanica quantistica i risultati delle misurazioni sono esse stesse fondamentalmente non deterministiche. 

Con l’intento di rilevare che la teoria quantistica non poteva essere considerata esatta o quantomeno completa Eintstein, Podolski e Rosen nel 1935 pubblicarono un articolo, che ha costituito il famoso Paradosso di Eintstein, Podolski e Rosen (E.P.R.), dal titolo: “La descrizione quantistica della realtà fisica può ritenersi completa?”[14]; il paradosso nacque dall’ accettazione di tre ipotesi: il principio di realtà, quello di località e della completezza della teoria quantistica. L’esperimento teorico poteva risolversi in tre modi: o prospettare l’esistenza di proprietà fisiche nascoste, che eludono la descrizione della realtà fornita dalla dinamica quantistica, dimostrando la sua incompletezza, o si verificavano effetti non locali, che avrebbero obbligato la revisione radicale della concezione che si ha dello spazio e del tempo; i tre giunsero alla conclusione che alla teoria mancavano elementi per poter essere definita completa. Dovevano passare trent’anni perché le intuizioni speculative del paradosso E.P.R. fossero espresse in forma verificabile sperimentalmente: fu John Bell che nel 1965 dimostrò matematicamente in forma rigorosa che la Teoria Quantistica in base a certe disuguaglianze (le disuguaglianze di Bell) è incompatibile con l’ipotesi dell’esistenza di “variabili nascoste”[15]

Il primo degli esperimenti ispirati dalle idee innovatrici di Bell fu quello di John F. Clauser e di Stuart Freedman di Berkeley[16], cui seguì quello di Ed S. Frey e di Randal Thompson[17] della Texas University, ma fu Alain Aspect dell’Università di Orsay di Parigi nel 1982 che, con un esperimento decisivo ed inconfutabile[18] utilizzando atomi di calcio eccitati come sorgente di fotoni “entangled”, dimostrò che la disuguaglianza di Bell veniva violata, provando senza ombra di dubbio il carattere non locale della meccanica quantistica, cioè dando prova che due fotoni o due particelle, che hanno tra di loro interagito, continuano a far parte di un unico sistema anche se divise tra loro da distanze di anni luce, cioè ogni modificazione in una delle due istantaneamente avviene anche nella particella lontana! Questa affinità permanente, l’entanglement[19], trascende le limitazioni spazio temporali, che condizionano qualsiasi dinamica nel nostro mondo, mentre nell’universo dei Quanti è realtà che due particelle correlate pur lontane l’una dall’altra nello spazio, restano sempre permanentemente correlate, anche se venissero a trovarsi su galassie distanti milioni di anni luce! 

Secondo gli esperimenti del professor Aspect la comunicazione è istantanea, cioè superiore a quella della luce! Ed é questo forse il più importante esperimento del XX secolo: la dimostrazione che a determinate condizioni le particelle subatomiche sono capaci di comunicare istantaneamente una con l’altra indipendentemente dalla distanza che le separa. È come se ognuna sapesse esattamente cosa stia facendo l’altra. Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: o che la teoria di Einstein, che esclude la possibilità di comunicazione più veloce della luce è errata, oppure che le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Poiché la maggior parte dei fisici nega la possibilità di una velocità superiore a quella della luce, è credibile che l’esperimento di Aspect provi che le particelle subatomiche siano effettivamente legate fra loro con un legame di tipo non-locale. Facendoci intravedere l’esistenza di un mondo a noi totalmente sconosciuto. 

Recentemente un gruppo di ricercatori dell’Università di Harward[20] focalizzando un raggio laser su un atomo d’azoto, presente nel reticolo di un cristallo di diamante come impurità, al posto di un atomo di carbonio, ha ottenuto un “entanglement” quantistico tra fotoni ed un atomo di materiale solido. In tal modo i fotoni “entangled” vengono emessi col proprio stato di spin. Questa ricerca rappresenta il primo passo, non teorico, ma pratico, per poter usufruire di un collegamento quantistico tra qubit, cioè tra bit quantistici. 

Comunemente il supporto dell’informazione utilizzato nei nostri computer è il bit elettronico limitato a solo due possibilità: on - off, zero o uno, mentre il qubit quantistico potendo trovarsi in numerosi stati intermedi, può di conseguenza espandere enormemente la capacità di trasmissione dell’informazione. Il sistema quantistico pertanto è idoneo a svolgere una memoria eccellente, in modo da costituire in futuro una rete quantistica di informazione basata sugli spin degli atomi come memoria assolutamente impermeabile alle intromissioni ed alle letture piratesche e soprattutto con la capacità di collegamento istantaneo “intergalattico”, simile all’Iperspazio di fantascientifica memoria! I fotoni “entangled” rappresentano i più veloci vettori dell’informazione e la memoria basata sugli spin è duratura, il che renderà i futuri computer che utilizzeranno la rete quantistica realmente insuperabili. 

La più spettacolare applicazione del fenomeno dell'entanglement è la possibilità del teletrasporto quantistico[21]: una procedura che permette di trasferire lo stato fisico di una particella ad un'altra particella, anche molto lontana dalla prima. Sembra un'idea davvero strampalata, concepibile solo nei films di fantascienza della serie televisiva “Star Trek”, dove il transporter materializza il capitano Kirk a bordo della nave spaziale Enterprise! Eppure, nel 1997 due gruppi di ricerca - uno diretto da Anton Zeilinger[22] di Vienna e l'altro da Francesco De Martini [23] a Roma - sono riusciti a teletrasportare un singolo fotone: è un minimo teletrasporto, molto poco, ma forse è l’inizio di una nuova avventura umana. Nessuno può, allo stato attuale, sapere con certezza o prevedere se il teletrasporto potrà essere realizzato anche per gli atomi e le molecole o addirittura per oggetti macroscopici, esseri umani inclusi, ma questo primo passo già compiuto dischiude orizzonti inimmaginabili. La fisica quantistica ci rivela quindi una realtà talmente diversa da quella che la nostra esperienza sensoriale ci suggerisce da farci intravedere una realtà molto più ricca e piena di misteri da scoprire. Le scoperte, che ci sembrano fantascientifiche potrebbero sconvolgere le nostre convinzioni inerenti la natura stessa della realtà, dell’universo e della nostra vita. 

La scienza occidentale nel corso del suo lungo cammino ha utilizzato il concetto che per comprendere qualsiasi fenomeno fisico fosse necessario ridurlo nelle sue parti costitutive per evidenziare completamente le sue funzioni; il riduzionismo ha enormemente contribuito alla conoscenza della realtà, ma contemporaneamente ne ha limitato la sua completa visione precludendone qualsiasi sua ulteriore possibile interpretazione. 

Perciò per iniziare a comprendere e per addentrarci nella logica della dinamica quantistica dobbiamo innanzitutto preliminarmente considerarla assolutamente dissimile dalla dinamica classica e abbandonare i cinque capisaldi della conoscenza: l’oggettività, la certezza, il determinismo, la casualità e la completezza. Questo enorme cambiamento di pensiero fu già sinteticamente descritto venticinque anni fa dall’epistemologo Patrik Suppes[24], che prospettò di abbandonare la divisione esistente tra gli oggetti, inseriti nello spazio e nel tempo, ed il soggetto, cioè la mente che riflette, concetti di chiara derivazione Cartesiana tra res Extensa e res Cogitans che viene abbandonata; l’oggetto della ricerca non è l’oggetto in sé – la natura in sé – ma la ricerca – l’osservazione umana, lo studio della natura. La fisica deve pertanto occuparsi solo di descrivere la correlazione tra le osservazioni. Pertanto la conoscenza è solo frutto dell’osservazione, da cui deriva il massimo problema dei fondamenti della meccanica quantistica: l’incompletezza. Che a sua volta per il carattere probabilistico della scienza, sancito dalla meccanica quantistica, fa crollare i tre capisaldi della conoscenza: la certezza, il determinismo e la casualità. 

Ciò nonostante l’indeterminazione di Heisenberg del mondo dei quanti, secondo me, forse ricrea una continuità tra il mondo dei quanti ed il nostro mondo quotidiano della “terra di mezzo”, facendo emergere nel nostro mondo la Contingenza, che rappresenta il fumo, la nebbia, l’atmosfera dell’indeterminazione quantistica che farebbe capolino, diffondendosi nel mondo della “terra di mezzo”. Con questa visione potremmo considerare la Contingenza come una matematizzazione dell’indeterminazione di Heisenberg nel nostro mondo[25]. Ed inoltre proprio la meccanica quantistica potrebbe essere considerata come un possibile ponte tra la fisica ed il mondo metafisico. 

L’Universo pertanto può venir interpretato come un insieme di piani delle fasi: l’universo astronomico di Einstein, in cui lo spazio ed il tempo rappresentano i capisaldi, che condizionano anche il nostro universo della terra di mezzo, condizionato dalla contingenza, nebbia quantistica dell’indeterminazione quantistica. Poi l’universo dei quanti in cui la materia e l’energia si confondono a rappresentare il possibile ponte verso l’energia assoluta: l’Universo che tutto comprende. 

La ricerca di Alain Aspect, definita da alcuni il più importante esperimento scientifico del XX secolo ha dimostrato inequivocabilmente che il legame esistente tra due particelle subatomiche “entangled” è di tipo non locale, per cui la visione della realtà, come da noi concepita, ha subito una crepa considerevole, che ci deve indurre a confrontarci con questa nuova realtà. Tanto che David Bohm[26], noto fisico e filosofo statunitense, ha addirittura prospettato che nell’universo esisterebbe un ordine implicito (implicated order), che non vediamo, e che paragona ad un ologramma nel quale la sua struttura complessiva é identificabile in quella di ogni sua singola parte, ed un ordine esplicito (esplicate order), che é ciò che realmente vediamo. In parole povere la realtà oggettiva non esiste, ma rappresenta un aspetto olografico dell’universo stesso, da lui chiamato “Olomovimento” poichè l’ologramma[27] é un’immagine statica, mentre l’universo é in movimento! E’, in termini moderni e scientifici, la stessa visione che aveva Platone della realtà, cioè il nostro mondo è solo un’immagine olografica proiettata di una realtà implicita trascendente che non vediamo, ma che questi studi di frontiera ci fanno prospettare. 

Per capire come il prof. Bohm sia arrivato a postulare questa sbalorditiva affermazione, dobbiamo ora considerare la natura degli ologrammi. 

Cos’è un ologramma? 

E’ una fotografia tridimensionale che utilizza come fonte di illuminazione un raggio laser. Praticamente per olografare un oggetto, in primis deve essere illuminato da un raggio laser, mentre un secondo raggio viene fatto rimbalzare sulla luce riflessa dal primo e la zona di interferenza, dove i due raggi si incontrano, viene fotografata su di una particolare pellicola fotografica; il risultato, dopo lo sviluppo, è rappresentato da un indecifrabile intreccio di linee chiare e scure, che, illuminate da un ulteriore raggio laser, fanno apparire l’oggetto originale come è nella realtà: in forma tridimensionale. 

La tridimensionalità dell’immagine ottenuta non è l’unica caratteristica particolare degli ologrammi, perché se l’ologramma, ad esempio, di una rosa viene tagliato a metà e poi illuminato da un laser, in ciascuna metà apparirà l’intera immagine della rosa! Lo stesso fenomeno avviene anche continuando a dividere le due metà: ad ogni minuscolo frammento di pellicola apparirà sempre una versione più piccola, ma completa, dell’immagine intera. Ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni dell’ologramma intero e lo potremmo considerare una sorta di frattale infinito. 

Questa particolare caratteristica degli ologrammi ci induce a considerare una realtà totalmente nuova per comprendere ed interpretare quel che conosciamo in merito all’organizzazione e all’ordine. E’ una nuova frontiera. 

L’intuizione, che ha suggerito al fisico Bohm la descrizione dell’Universo come un olomovimento”, è derivato dalla sconcertante scoperta, e dalla dimostrazione di Alain Aspect in cui le due particelle entangled, connesse intrinsecamente, ma separate, non sono in effetti separate, o se lo sono, lo sono nel nostro piano reale, perchè sempre unite come estensione di un unicum universale. Praticamente Bohm considera la separazione esistente tra le due particelle entangled solo apparenti, perché a livello più profondo, al di là dello specchio tutte le cose sono tra loro infinitamente collegate. La sua visione: questo paradigma olografico arriva a cancellare tout-court il tempo perché nel superologramma il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente. 

I fisici del Fermilab hanno progettato recentemente un esperimento per controllare la teoria che ipotizza l’Universo possedere solo due dimensioni, essendo la terza intrinsecamente collegata al tempo. Hanno programmato e costruito un prototipo di uno strumento, attualmente testato per una dimensione di un metro, che, quando sarà ultimato avrà una dimensione di quaranta metri e che fornirà la più sensibile misurazione dello spazio-tempo. I due interferometri di questo “olometro” saranno di sette ordini di grandezza più precisi di qualsiasi orologio atomico e saranno in grado di evidenziare se esiste qualsiasi distorsione dello spazio-tempo, perché se questo disturbo fosse provato sarebbe la prima prova per corroborare la teoria secondo cui alla scala di Planck l’Universo sarebbe bidimensionale e che la tridimensionalità da noi percepita sarebbe una illusione olografica. 

Per far comprendere la sua teoria Bohm proponeva l’esempio di un acquario contenente un pesce non visibile direttamente da noi, ma tramite due telecamere, una posta frontalmente e la seconda lateralmente all’acquario. Guardando i due monitor abbiamo la sicura percezione che stiamo osservando due pesci distinti; la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini diverse. Ma, con attenzione potremo accorgerci che tra le due immagini esista una certa correlazione. Ad esempio, l’esatto tempismo dei movimenti e potremmo sospettare giustamente che i due pesci, in realtà le due immagini del pesce, comunichino tra loro istantaneamente e misteriosamente. 

Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono ‘parti’ separate, bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare, che risulta alla fine altrettanto olografica e indivisibile quanto l’immagine olografica della nostra rosa. E poiché ogni oggetto nella realtà fisica è costituita da queste “immagini”, l’universo stesso è una proiezione, un ologramma. 

Il magazzino cosmico di tutto ciò che è, sarà o sia mai stato. 

La separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate. Gli elettroni di un atomo di carbonio del nostro cervello sono connessi alle particelle subatomiche di ogni atomo di carbonio esistente nell’Universo. Tutto compenetra tutto. 

Questa visione dell’universo sembra partorita dalla mente di un autore di libri di fantascienza, invece è corroborata da ricerche di frontiera di tutto rispetto. 

Per arrivare a questa prospettiva universale e renderla plausibile, anche se difficilmente accettabile, devo accennare ai buchi neri, residui di stelle che, terminato il loro fuoco: la fusione nucleare, vengono “risucchiate” dalla loro stessa forza gravitazionale. Poi accennerò alla intrinseca somiglianza dell’entropia fisica con quella della teoria dell’informazione ed infine della forza gravitazionale studiata con l’ottica della realtà quantistica per arrivare a considerare la realtà bidimensionale olografica. 

La cosmologia, come abbiamo visto nel precedente capitolo, ha impegnato ed impegna menti, fondi, istituzioni di cui anche noi, miseri mortali, conosciamo se non altro i loro nomi. Certamente non sono un esperto, tuttavia la mia curiosità mi spinge ad illustrarvi per lo meno la rete cognitiva da cui, presumo e spero tra breve, avremo delle risposte chiarificatrici. 

Per iniziare questo commento, comincio dagli studi di Stephen Awking[28] riguardanti i più misteriosi corpi celesti: i buchi neri, residui stellari estremamente densi e dotati di una immensa forza gravitazionale, talmente elevata da non permettere la fuga di nulla, né di materia né di radiazioni elettromagnetiche e quindi nemmeno di luce, dal suo interno non visibile; anche se dalla sua superficie, chiamata “orizzonte degli eventi” si evidenziano delle situazioni particolari. La teoria, pur avversata da alcuni ha conquistato il mondo, basti pensare che il libro “Dal Big-Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo”[29] è stata venduta in cinque milioni di copie! E’ la storia dei buchi neri, definibili spaventose foibe[30] galattiche, che ingoiano voraci ogni cosa facendole scomparire. 

La teoria, modificata nel 2004 dopo trent’anni, dal suo stesso ideatore, che ha utilizzato una procedura matematica di Richard Feyneman, idonea alla meccanica dei quanti in conclusione prospetta che i buchi neri non si riducono completamente ad una singolarità: ma l’informazione ed i buchi neri stessi evaporano lentamente nello spazio, emettendo particelle, dall’orlo del profondo precipizio gravitazionale, dall’ “orizzonte degli eventi”; attualmente da questi studi la teoria propone che i buchi neri continuano ad emettere radiazioni restituendo lentamente nel tempo materia ed energia in altra forma! 

Si è sempre detto che non bisogna avere i “paraocchi”, ma è necessaria una visione d’assieme ed è utile una commistione di esperienze, anche se apparentemente dissimili. I risultati che in tal modo si possono ottenere, associando esperienze e punti di vista differenti dimostrano che campi insoliti possono essere illuminati dallo stesso sole e chiarire problemi che associano diverse realtà. E’ ciò che è avvenuto inaspettatamente tra il mondo della fisica classica e quello dell’informazione. 

Ciò che rende connessi questi due mondi è l’entropia, che in un sistema fisico rappresenta la misura del disordine: aumenta quando il sistema da ordinato passa ad uno stato di disordine. In un sistema isolato può solamente aumentare o rimanere costante solo trasformandosi in stati termo-dinamicamente reversibili e descrive l’inesorabile dispersione del calore, il cammino verso la morte fredda e può venir considerata in termini statistici, qualora il sistema sia costituito da una moltitudine di configurazioni microscopiche. 

Nella teoria dell’informazione l’entropia è invece la misura della quantità di incertezza o dell’informazione in un segnale aleatorio e praticamente rappresenta la perdita di significato, che ovviamente non può mai aumentare oltre a quello che in partenza già possiede, mentre può solo diminuire per varie ragioni a causa di vari processi che gli fanno perdere o diminuire il significato. 

Il termine entropia nell’ambito della teoria dell’informazione fu utilizzato da Shannon[31] nel 1948 su consiglio Von Neuman[32], ed esprime in definitiva la diminuzione dell’informazione: la quantità dell’incertezza o dell’informazione presente in un segnale aleatorio. 

L’entropia in entrambi i sistemi, fisico termodinamico e dell’informazione, consiste nella misura di quanto il contenuto energetico sia degradato in quello fisico o dell’informazione nel caso di un messaggio e può essere calcolata cumulativamente ed anche in base alla distribuzione di probabilità espressa da ciascun componente microscopico. Fu Boltzman[33] che mise in evidenza un collegamento matematico trà l’entropia in toto e la distribuzione di probabilità espressa dai singoli componenti costitutivi. 

Alla fine del secondo millennio le conoscenze scientifiche hanno subito un’accelerazione logaritmica. Gli ultimi cento anni di studi e di ricerche ed il sapere dell’uomo hanno oltrepassato i limiti fisiologici umani per conoscere la realtà. La scienza si è addentrata nella materia con l’uso di strumenti e metodologie sempre più tecnologicamente avanzate individuando, analizzando, comprendendo i meandri atomici, la struttura stessa dell’atomo e arrivando a farci conoscere quasi tutte le particelle elementari esistenti. Ciononostante siamo immersi in un’atmosfera sconosciuta i cui confini ad ogni nuova conoscenza progressivamente si allontanano. Siamo immersi nel mistero! 

Tantissime entità della nostra realtà fisica pur non essendo visibili ci sono egualmente del tutto familiari: le onde radio, i campi elettromagnetici, gli atomi stessi e una miriade di costituenti materiali e di entità energetiche, che pur non viste, fanno parte della realtà della nostra “terra di mezzo” perché riempiono il nostro spazio tridimensionale e sono inserite nel tempo. 

Con calcoli matematici idonei alla meccanica quantistica si cerca di descrivere la gravità in uno “spazio olografico” bidimensionale desunto dalla realtà “dell’orizzonte degli eventi”, frontiera del nostro universo tridimensionale, al limite del baratro esistenziale della materia, sull’orlo dei buchi neri, limite oltre il quale lo spazio tempo è talmente deformato da non permettere assolutamente il ritorno alla nostra realtà. 

Anche se oggi siamo abituati alla realtà dell’atomo, dei campi elettromagnetici, dei quark e dell’universo dobbiamo comunque avere l’umiltà di confessare che la nostra conoscenza è ancora molto limitata. La forza misteriosa, la gravità, che fu chiarita da Newton per farci comprendere i moti delle stelle e che Einstein aveva relazionato alla geometria è ancora oggi un’entità misteriosa alla stregua di come erano considerati gli atomi, l’elettricità e le leggi della termodinamica. La vera diversità è che i misteri precedenti erano tutti inseriti nello spazio e nel tempo: nello spazio tridimensionale della “terra di mezzo” e dell’Universo di Einstein. Ora, ritornando alla gravità dobbiamo considerarla ad esempio che è una forza solo attrattiva diversamente da quella elettrica che è bipolare e che è anche repulsiva tra due poli di eguale segno. E qui le considerazioni si complicano perché la gravità sta per svelare i suoi misteri studiandola nell’ambito del mondo dei quanti e dello studio dei buchi neri in cui lo spazio è bidimensionale. 

La teoria della gravitazione di Einstein, la teoria della relatività generale può venir raffigurata immaginando lo spazio-tempo come un enorme lenzuolo sospeso sui lati e sugli angoli e ricoperto da minuscoli grani di miglio. Immaginiamo ora di porre una noce di cocco, che raffigura una stella sul lenzuolo, la gravità determinerà la curvatura del lenzuolo, dello spazio-tempo, per cui tutti i grani di miglio saranno attratti dalla stella fino a quando il peso eccessivo rompe il tessuto e fa precipitare tutte le particelle sovrastanti: la noce di cocco e tutti i grani di miglio. A quest punto la teoria di Einstein non è più valida: è avvenuta una transizione di fase improvvisa e per orientarci dovremmo conoscere le regole della dinamica quantistica. E la gravità quantistica fa da padrona! Ciò che limita la nostra comprensione è che, al di sotto del lenzuolo non abbiamo la possibilità di poter conoscere nulla perché anche le informazioni sono tutte svanite, una volta oltrepassato il baratro! E qui solo la matematica, l’immaginazione, le stringhe, i grani di spazio possono venirci in aiuto. Se comunque ci sforziamo a fare un salto (sempre immaginario!) invertendo il segno della costante cosmologica, che nel nostro universo determina la sua espansione, ai limiti dei buchi neri, ove la gravità è confinata, si compatta e perde una dimensione, si comporta come un fenomeno olografico a due dimensioni. Queste prospettive sono state esposte al recente Worckshop “Hight Spin Theories and Holography” al Simon Centre per la Geometria e la Fisica dell’università di Stony Brook. 

E dopo queste novità concettuali rimaniamo in attesa di poter documentare le vibrazioni e la deformazione dello spazio tempo con l’interferometro olografico del Fermilab, capace di evidenziare inequivocabilmente a chiare lettere le onde gravitazionali. 

Ci troviamo sulla soglia di nuovo scenari della realtà, anzi ci troviamo ai limiti della realtà. Con l’ AMS-02 (Alfa Magnetic Spectronic) potremo evidenziare le particelle dell’antimateria, con l’HLC di Ginevra le particelle mancanti al mosaico simmetrico del “cristallo della realtà” di Garret Lisi e con l’Interferometro olografico del Fermilab, la documentazione delle onde e delle vibrazioni spazio-temporali, non dedotte solamente dalla rete matematica, ma dimostrate direttamente, e di conseguenza la realtà vera essere bidimensionale e ciò che percepiamo come terza dimensione sarebbe solo una proiezione del tempo intrecciato con la profondità: la terza dimensione. 

Anche se siamo abituati a catalogare, suddividere e classificare ogni fenomeno della realtà, dobbiamo onestamente considerare, condividere e prendere atto, che le suddivisioni sono artificiali e che tutta la realtà non è altro che una immensa rete ininterrotta. 

Queste rivoluzioni concettuali della realtà, non tanto immaginarie, possono giustificare il pensiero del neurofisiologo Karl Pribram[34], che ipotizza le funzioni cerebrali essere in grado di utilizzare la realtà olografica universale, considerando che i ricordi non sono immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi, che intrecciandosi attraverso le reti del cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser, che si intersecano su tutta l’area del frammento di una pellicola contente l’immagine olografica. Quindi il cervello stesso funzionerebbe come un ologramma e la teoria di Pribram riuscirebbe a spiegare anche in che modo questo mirabile organo riesce a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato. Il nostro cervello durante la vita è capace di memorizzare decine di miliardi di informazioni, l’equivalente complessivo di un’intera biblioteca di grandi dimensioni, e questa sorprendente capacità recettiva si correla con la enorme possibilità di memorizzazione degli ologrammi, che aumenta alla minima modificazione dell’angolo con cui i due raggi laser colpiscono la pellicola fotografica! Del resto la nostra istantanea possibile capacità di recuperare qualsiasi informazione dall’enorme magazzino della nostra rete cerebrale, può essere maggiormente giustificata, supponendo che funzioni secondo i principi olografici. Esistono molti dati che confermano la teoria di Pribram che é condivisa da molti neurofisiologi, dopo averla conosciuta. Ad esempio il modello olografico recentemente è stato proposto da Hugo Zucarelli, ricercatore italo-argentino, ai fenomeni acustici, per giustificare come un paziente, sordo ad un orecchio, possa riuscire a localizzare la fonte di un suono senza girare la testa. Del resto le nostre cellule sono sensibili ad una vasta gamma di frequenze: il nostro sistema visivo è sensibile anche alle frequenze sonore e il nostro senso dell’olfatto percepisce le cosiddette “frequenze osmiche”. Ed é ben strano ed intrigante che questa nuova visione della realtà, basata su questi studi d’avanguardia sia stata intravista e documentata poeticamente nei famosi versi di William Blake[35]


"Vedere un mondo in un grano di sabbia
e un paradiso in un fiore selvatico,
tenere  l'Infinito nella mano
e in un'ora, l'intera eternità".

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[1] Il “De Revolutionibus Orbium caelestium libri IV” unica opera di Nicolò Copernico pubblicata dai suoi amici nel 1543, quando egli era in punto di morte. 



[2] La radiazione di corpo nero, l’effetto fotoelettrico, il calore specifico dei solidi, gli spettri atomici, la stabilità degli atomi, l’effetto Compton 



[3] Nel 1901 Max Planck passò dall'ipotesi alla teoria quantistica, secondo la quale gli atomi assorbono ed emettono radiazioni in modo discontinuo, per quanti di energia, cioè quantità di energia finite e discrete. In tal modo anche l'energia può essere concettualmente rappresentata, come la materia, sotto forma granulare: i quanti sono appunto come granuli di energia indivisibili. La sua teoria gli valse il premio Nobel per la fisica del 1918


[4] Un corpo si dice “nero” quando assorbe tutta la radiazione incidente su di esso; il nome è sicuramente appropriato perchè tali oggetti non riflettono la luce ed appaiono di colore nero 

[5] L'effetto fotoelettrico rappresenta l'emissione di elettroni da una superficie metallica quando questa viene colpita da una radiazione elettromagnetica di una certa frequenza. Tale effetto è stato fondamentale per comprendere la natura quantistica della luce. 

[6] Werner Karl Heisenberg (19011976) ottenne il Premio Nobel per la Fisica nel 1932 ed è considerato uno dei fondatori della meccanica quantistica

[7] Amadori A. Lussardi L. “Meccanica quantistica non Relativistica”. Matematicamente.it Ed. 

[8] Moto browniano è il moto disordinato delle particelle presenti nei fluidi o nelle sospensioni fluide. Questo effetto è dovuto agli urti da parte delle molecole del fluido in cui sono immerse. 

[9] E (energia) = h (costante di Planck) x (ni) = frequenza di radiazione. 

[10] Nell'effetto Compton un fotone (quanto di luce) urtando contro un elettrone lo fa rimbalzare. In pratica quando una radiazione elettromagnetica abbastanza energetica (ad esempio un fascio di raggi X) attraversa la materia, una parte di essa viene deviata in tutte le direzioni. Osservato per la prima volta da Arthur Compton nel 1922, divenne ben presto uno dei risultati sperimentali decisivi in favore della descrizione quantistica della radiazione elettromagnetica

[11]L’Effetto tunnel, ulteriore conseguenza del principio di Indeterminazione di Heisenberg, permette infatti di oltrepassare ostacoli insuperabili sfruttando l’infinetesimo grado di indeterminazione esistente tra i vari livelli di energia e di tempo (circa di un miliardesimo di trilionesimo di secondo), un effetto quanto-meccanico, che permette una transizione ad uno stato impedita dalla meccanica classica

[12] Heinz Pagels fisico; è stato direttore esecutivo della New York Academy of Sciences, professore di fisica alla Rockefeller University e presidente della Lega internazionale per i diritti umani. 

[13] Hsing Yun famoso monaco buddista. 

[14] Einstein A., Podolski B. and Rosen N. Can quantum-mechanical description of physical reality be considered complete? Phys. Rev. 47, 777, 1935 

[15] Le misurazioni eseguite su due particelle saranno sempre correlate, indipendentemente dalla distanza che le separa. Le particelle, in ragione del loro spin, si comportano come piccoli magneti, quindi si può affermare che sono dotate di momenti magnetici. E’ possibile modificarne l'orientamento facendole passare attraverso campi magnetici: la Meccanica quantistica ci dice che se modifichiamo l'orientamento di una particella in modo che, invece di ruotare verso l'alto intorno a un asse verticale, ruoti a sinistra intorno a un asse orizzontale, scopriamo che anche l'altra particella ruota intorno a un asse orizzontale, ma nella direzione opposta, che definiremo destra. 

[16] Freedman, S. J., and Clauser, J. F., Physical Review. Letters, 28, 938-941, 1972 

[17] Phys. Rev. Lett. 37, 465, 1076 


[18] Phys. Rev. Lett. 49, 1804, 1982 

[19] L’entaglement é l’affinità tra particelle che derivano da uno stesso atomo e si basa sulla dinamica dei loro spin. 

[20] Mikhail D. Lukin and Jacob Taylor. “Quantum physics: Quantum leaps in the solid state”. Nature 467, 278-279 (16 September) 2010 

[21] Il teletrasporto quantistico è una tecnica nell'ambito dell'informatica quantistica che permette di trasferire uno stato quantistico in un punto arbitrariamente lontano. 

[22] Anton Zeilinger è un fisico austriaco è stato definito un pioniere nel nuovo campo dell'informazione quantistica ed è famoso per aver realizzato il teletrasporto quantistico con i fotoni

[23] De Martini dell'Università La Sapienza di Roma

[24] In “Probabilistic Metaphysics”. Blackwell Oxford 1984 

[25] La contingenza, secondo me, è la strutturazione matematica dell’indeterminazione del mondo dei quanti. 

[26] Elaboratore della così detta teoria Debroglie-Bohm della meccanica quantistica. 

[27] Ologramma 

[28] Stephen Awking. Matematico astrofisico e cosmologo britannico fra i più importanti e conosciuti del mondo, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri. Per trent’anni (dal 1979 al 2009) ha ricoperto la cattedra che fu di Isaac Newton. 

[29] Rizzoli Milano 2000 

[30] Le foibe sono cavità carsiche a forma di imbuto ove i “titini”(partigiani del colonnello Tito, durante e dopo la II guerra mondiale) facevano sparire gli italiani, vivi o morti, per “pulizia etnica”. 

[31] Claude E. Shannon. “A Mathematical Theory of Comunication”. Bell system Thecnical Journal 27, luglio-ottobre, 1948 

[32] Matematico e informatico ungherese naturalizzato statunitense. Personalità scientifica preminente del XX secolo che ha contribuito in numerosi campi teoria degli insiemi, analisi funzionale, topologia, fisica quantistica, economia, informatica, teoria dei giochi, fluidodinamica e in matematica). 

[33] Boltzman Eduard (1844-1906 a Duino) fisico e matematico austriaco. Si interessò alla termodinamica ed alla teoria cinetica dei gas. Fu definito “terrorista algebrico” per il suo amore alla matamatizzazione. 

[34] Medico neurochirurgo e teorico della cognizione austriaco, professore di psichiatria e psicologia in varie università americane, tra cui la Stanford University e la Georgtown University. 

[35] William Blake ( 1757-1827) poeta, incisore e pittore inglese sottovalutato in vita mentre attualmente la sua opera è considerata estremamente significativa e fonte di ispirazione sia nell'ambito della poesia sia delle arti visive. 

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