Vivendo in un mondo variegato in cui l’imperfezione è la regola, l’uomo ambisce ad una realtà perfetta: ma un universo perfetto sarebbe sterile e triste, immoto come una statica gemma.
L’unità perfetta, la simmetria, la perfezione assoluta sarebbero sinonimi di aridità e di morte. La vita in un mondo siffatto non potrebbe esistere. Una leggenda vietnamita dice giustamente che la perfezione troppo grande ingelosisce gli dei! La perfezione è solo ideale.
D’altronde l’imperfezione è utile, se non necessaria. Ad esempio, se nei cristalli di silicio e di germanio non fossero presenti delle impurità, che favoriscono il passaggio della corrente elettrica, i nostri transistors non funzionerebbero! Se il DNA non subisse delle mutazioni l’evoluzione delle strutture viventi non esisterebbe; saremmo copie ripetitive in un mondo spaventosamente egualitario. La perfezione, anche quella geometrica può essere causa di danni strutturali! Ne è un esempio quello che anni fa successe ad una industria francese di supporti impiantati in una linea elettrica del Giappone; dopo poco tempo questi connettori si deteriorarono diversamente da quelli impiantati in Francia: il motivo? I piloni in Giappone erano rigorosamente distanziati di 100 metri, mentre in Francia erano installati approssimativamente ogni 100 metri! E la precisione giapponese favoriva l’instaurarsi per risonanza di onde vibratorie di grande ampiezza responsabili del prematuro logoramento dei supporti a causa dell’intenso strofinio sui cavi dei piloni. Del resto è noto che quando i soldati in marcia devono attraversare un ponte hanno l’obbligo assoluto di rompere il passo, perché la sincronia del loro incedere può essere causa del crollo del ponte. Ma soprattutto se la materia vivente fosse una macchina perfetta, e oggi sappiamo che non è una macchina e tanto meno perfetta, la vita non avrebbe potuto evolversi perché sarebbe come detto cristallizzata allo stadio primitivo; ed é grazie alle imperfezioni nella riproduzione ed alle mutazioni genetiche, che la biodiversità si manifesta, giustificando l’apparire di nuove specie e in definitiva l’evoluzione della vita.
Nel 1994 Kevin Kelly predisse alla fine del II capitolo “La mente dell’alveare” dell’allora visionario “Out of Control” [1] quello che poi è successo in seguito con l’avvento di Internet: ”Nel momento in cui ci collegheremo ad una rete-alveare emergeranno molte cose che noi, come semplici neuroni della rete, non ci aspettiamo, non capiamo, non possiamo controllare e nemmeno percepire.” E’ questo il prezzo da pagare per ogni struttura emergente. Questa visione è stata profetica. Appena ora dopo poco più di un decennio iniziamo a comprendere non solo la struttura, ma le dinamiche evolutive delle reti, che rappresentano l’essenza di ogni struttura.
Rimaniamo estatici di fronte al mistero del mondo e della vita. E continuiamo a meravigliarci di fronte alla natura, giustificando la sua presenza ed il suo divenire con i mezzi culturali di cui siamo in possesso; i nostri antenati si rivolgevano ad entità antropomorfe superiori e noi, che siamo a conoscenza delle relazioni fenomeniche che giustificano gli eventi di cui siamo spettatori e, per quanto ci riguarda noi stessi come attori, dobbiamo indagare le complesse dinamiche autorganizzative, che per la loro semplicità rappresentano il mistero dei misteri e ci affascinano al punto da ritornare estatici come i bambini di fronte alla realtà.
E’ questa la nuova scienza dei sistemi emergenti.
Ma procediamo per ordine: Già, cosa è l’ordine?
Christopher Langton, cibernetico di Los Alamos- New Messico- per far comprendere le diversità esistenti tra un regime ordinato ed uno disordinato li ha paragonati: il primo allo stato solido della materia ed il secondo a quello gassoso [2]. Le reti troppo ordinate sono stabili e non foriere di sviluppo, quelle gassose troppo disordinate per farlo: la maggior estrinsecazione della complessità si attua in riferimento al paragone di Langton nella transizione tra lo stato solido e quello gassoso, cioè nella fase liquida. I tre stati fisici del sistema acqua rappresentano l’esempio più efficace per chiarire l’ ordine, la complessità ed il caos; allo stato solido del ghiaccio l’ordine e la simmetria si manifestano completamente nella cristallizzazione spaziale e simmetrica delle molecole; allo stato liquido le molecole sono libere, la simmetria scompare e ed il sistema è in equilibrio instabile, tra valori definiti di temperatura e pressione, risultando capaci di adattarsi all’ambiente, alla forma del recipiente; allo stato gassoso di vapore l’imprevedibilità, il disordine e cioè il caos è raggiunto, ove la simmetria ricompare, anche se solo in forma statistica [3].
Ma cos’è la Complessità e come ha tratto origine?
Prima di rispondere alla prima domanda dobbiamo, poiché usiamo parole, conoscere il loro significato e la loro etimologia: Il termine Complessità deriva da Cumplexus = intrecciato, intessuto, e già nella parola c’è il germe dell’unità e ne intuiamo il significato. Complicato invece deriva da cumplicatus = piegato, ripiegato, cioè un’entità che si pone su piani diversi e che esprime una diversità e separazione tra le parti. Tuttavia la definizione di Complessità è alquanto difficile, come del resto è difficile la definizione di tempo: per Sant’Agostino nelle Confessioni, a proposito del tempo, dichiarava: “se nessuno me lo chiede: Lo so! Se devo spiegarlo a qualcuno non lo so più”. Il significato di Complessità è attualmente più trasparente, perchè presenta aspetti sia quantitativi, in base alle difficoltà di calcolo e di quante procedure matematiche sono utilizzate per chiarirla (= la Complessità effettiva sec. Gell Man [4]), che aspetti qualitativi, secondo Dioguardi [5]. Questi due proprietà erano state comunque già concettualmente unificate dall’intuizione di Anderson [6], espressa dal pionieristico scritto ”More is differnt” [7], ed in seguito dal Morin, nell ”Introduzione al pensiero complesso [8]”, in cui si affermava che la Complessità é un’entità composta da ordine e caos.
In effetti si sviluppa al limite del Caos; in quella zona che Langton [9] in seguito ha chiamato “limite del caos”: zona misteriosa ed allo stesso tempo affascinante, zona al limite tra la cristallizzazione e la dissoluzione, zona dove l’innovazione, la creatività e la realizzazione di novità e soprattutto l’auto-organizzazione può emergere e si manifesta.
Le reti al confine tra ordine e caos presentano infatti un certo grado di stabilità, ma anche di disordine, che permette loro la flessibilità necessaria per adattarsi rapidamente alla realtà esterna rispondendo in modo omeostatico all’ambiente e in definitiva consentendo l’evoluzione del sistema. E questo, perché le dinamiche della complessità non sono mai lineari, sono soggette a meccanismi di retroazione e soprattutto dipendono dalle condizioni iniziali, il famoso battito d’ali di una farfalla che è capace di determinare un tifone a migliaia di chilometri di distanza.
Gli studi sulla complessità nascono dall’osservazione della natura: un fenomeno si svolge più o meno allo stesso modo se le condizioni iniziali sono più o meno le stesse: una palla fatta rotolare su un pendio rotola sempre a valle; ma se ripetiamo l’osservazione di questo apparentemente semplice fenomeno scopriremo che pur ripetendo il lancio con la stessa forza e nella stessa direzione, la traiettoria della palla sarà completamente diversa. Questo è il famoso effetto farfalla di Lorenz, che esplicita poeticamente la “dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali”; a dir il vero inizialmente fu usata l’immagine dell’ala di un gabbiano per esprimere questo concetto, ma maggior fortuna ebbe la dizione Effetto Farfalla che è derivata da una comunicazione del celebre metereologo dal titolo: “Predictability: Does the Flap of a Butterfly Wings in Brasil Set of a Tornado in Terxas?” tenuta al convegno annuale dell’ American Association for Advancement of Science a Washington il 29 dicembre del 1979. Sappiamo poi che le equazioni lineari possono essere facilmente risolte e possono venir rappresentate da una retta a differenza delle equazioni non lineari, che sono irrisolvibili. Ad esempio la quantità di energia per accelerare una massa in assenza di attrito è esprimibile con una semplice equazione lineare, ma in presenza di attrito il rapporto tra energia ed accelerazione varia continuamente e questa complessa modificabilità rende estremamente difficile il calcolo della non linearità, determinando infiniti tipi di comportamento, che non si verificherebbero se il sistema fosse lineare. Lorenz si interessò al problema della fluidodinamica e studiando la convezione elaborò tre equazioni che rappresentano le pietre miliari dello studio delle dinamiche caotiche; si tratta, va da sé, di equazioni non lineari.
Nell’atmosfera la convezione è alla base del movimento delle molecole di aria: le onde tremolanti simili a fantasmi, che risalgono dall’asfalto infuocato nelle assolate estati o dai radiatori bollenti, sono l’espressione di questa turbolenza dinamica. Quando un gas o un liquido viene riscaldato dal basso tende ad organizzarsi in celle cilindriche: il flusso caldo sale, poi perde calore e discende da un altro lato. E’ questo il processo di convezione. Se il calore aumenta oltre un certo limite inizia uno stato di instabilità, che a temperature maggiori causa un moto turbolento ed irregolare: il sistema diviene caotico.
Un esempio particolarmente efficace di sistema complesso per comprendere la ingarbugliata dinamica caotica è la ruota idraulica di Lorenz: questo semplice dispositivo, capace di un comportamento sorprendentemente complicato è composto da una ruota alla quale sono agganciati diversi secchi bucati sul fondo, sul quale l’acqua cade con un flusso costante. Se il flusso è scarso la ruota non si muove perchè l’acqua, che entra nel secchio, fuoriesce dai buchi del fondo; se il flusso aumenta, il secchio, riempendosi, fa girare la ruota con un movimento che continua a velocità costante; se il flusso d’acqua aumenta ulteriormente, la rotazione diventa caotica a causa degli effetti non lineari connaturati al sistema. Quando i secchi passano sotto il flusso d’acqua il loro riempimento dipende dalla velocità acquisita dalla ruota: se gira velocemente hanno poco tempo per riempirsi ed inoltre possono risalire ancora pieni, prima cioè di aver avuto il tempo di svuotarsi completamente. Di conseguenza il peso dell’acqua dei secchi in risalita rallenterà la rotazione della ruota fino a far invertire la rotazione stessa. Per periodi di tempo prolungati l’inversione può avvenire molte volte ed essere del tutto imprevedibile. Lo stesso fenomeno caotico di inversione si manifesta nella dinamo, dove la corrente elettrica scorre attraverso un disco che ruota in un campo magnetico. Questo fenomeno ha fornito una spiegazione all’inversione del campo magnetico terrestre, che nel corso dei millenni si è manifestato ad intervalli irregolari ed inspiegabili, mutando polarità [10]. Il moto del sistema della ruota idraulica di Lorenz viene descritto da tre equazioni con tre variabili, che rappresentano il modello classico chiamato comunemente sistema di Lorenz.
Sebbene il sogno deterministico di Laplace avesse iniziato a sgretolarsi fin dai tempi della scoperta delle teorie della relatività di Einsein e dell’indeterminazione di Heisenberg, gran parte della scienza moderna ha continuato e continua a coltivarne l’idea di fondo. Biologi, economisti, neurologi, hanno scomposto e scompongono i fenomeni in eventi più piccoli e più semplici, che obbediscono alle leggi di derivazione newtoniana: il pensiero prevalente che condiziona la scienza è ancora pesantemente condizionato dal riduzionismo.
Solo in tempi più recenti il concetto di caos è stato rivisitato dalla fisica contemporanea ed è considerato come il risultato di processi deterministici con capacità autoregolative ed evoluzionistiche e la complessità assume sempre più un ruolo preminente e creatore di nuove strade di pensiero su cui la selezione naturale e le capacità autorganizzative agiscono.
Negli anni cinquanta la fiducia deterministica animò gli studi computerizzati dei fenomeni metereologici condotti da Von Neuman e Lorenz presso l’Istitute for Advanced Study di Princeton. Un computer primitivo riduceva il tempo metereologico all’essenziale. Gli elementi selezionati – i venti e la temperatura – sembravano comportarsi in modo predittivo, ma le ripetizioni però non erano mai del tutto esatte. Esistevano indubbiamente modelli ricorrenti, ma si evidenziavano dei disturbi. Si trattava di un disordine ordinato. Per evidenziare e comprendere le strutture ricorrenti Lorenz utilizzò una grafica primitiva che forniva una curva esplicativa delle variazioni. Per risparmiare tempo ripetette una fase più lunga delle variazioni inserendo nel suo computer non un numero con sei decimali (per la cronaca e per la storia si trattava di 0,506127), ma un valore semplificato a tre decimali (0,506). Era del tutto regionevole pensare che un’arrotondamento di un decimillesimo fosse privo d’importanza. Orbene, quando Lorenz paragonò il grafico ricavato inserendo la cifra completa con quello ottenuto dopo la semplificazione si accorse che l’iniziale coincidenza quasi perfetta delle due curve evidenziava in seguito un ritardo che nelle successive registrazioni si poneva fuori fase. Ogni somiglianza iniziale era svanita. L’esperimento sanciva l’impossibilità di prevedere il tempo nel lungo periodo e portò il famoso metereologo a coniare il concetto della dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali.
Nata dal caso, la scoperta fu interpretata da Lorenz per formulare un modello di tempo atmosferico che oltre a vedere la semplice casualità [11], identificava un ordine camuffato da disordine che successivamente fu analizzato dallo studioso con l’analisi dei sistemi aperiodici.
Tutte le dinamiche naturali sono complesse: lo sviluppo di tutte le specie animali, che si espandono e si riducono ed a volte scompaiono, come è avvenuto sin dagli inizi dei tempi, le epidemie che ritornano con scadenze quasi regolari, le condizioni metereologiche, che si ripetono, ma mai esattamente allo stesso modo e spesso imprevedibilmente, come le crisi di fibrillazione cardiaca: sono tutti esempi di sistemi aperiodici, che sono oggetto di dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali. Il matematico Lorenz al MIT era stato allievo di George D.B. Birkhoff, l’unico matematico che negli anni venti aveva continuato ad approfondire le intuizioni del suo maestro Henri Poincaré [12] . L’effetto farfalla di Lorenz acquistò un nome tecnico: dipendenza sensibile alle condizioni iniziali. Certamente non è un concetto nuovo: anche nella scienza come nella vita, una catena di eventi può, attraverso mutamenti apparentemente insignificanti, produrre fenomeni con possibilità di amplificazione inimmaginabili e con effetti imprevedibili.
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[1] “Out of Control”. La nuova biologia delle macchine, dei sistemi sociali e dell’economia globale. Urra Apogeo s.r.l. Ed. Milano 1996
[2] Langton C.G. “Computation at the Edge of Chaos. Phase Transition and Emergent Computation”. In “Physica, 42D, 12-37, 1990
[3] Gandolfi A. Formicai, imperi, cervelli. Bollati Boringhieri Ed. Torino. 1999
[4] Murray Gell Mann in “Il Quark e il giaguaro. Avventure nel semplice e nel complesso.” Bollati Boringhieri Ed. Torino. 1996
[5] Dioguardi Gianfranco. “Al di là del disordine. Discorso sulla complessità e sull’impresa.” 2000. CUEN Napoli.
[6] Philip Warren Anderson premio Nobel per la fisica nel 1977 assieme a Nevill Mott e a John van Vleck per gli studi sulle strutture elettroniche dei sistemi magnetici.
[7] Science 177, 393-396, 1972
[8] Morin E. Sperling e Kupfer. Milano. 1993
[9] Christopher Langton (1949-) informatico americano e uno dei fondatori del campo della vita artificiale.
[10]K.A. Robbins “A Moment Equation Description of Magnetic Revals in the Heart”. Proc. Nat. Acad. Sci. USA 73, 4297-301, 1976.
[11]“Deterministic Non Periodic Flow”. Journal of the Atmospheric Science 20, 130-141, 1963
[12]Poincaré fu il primo tra i fisici e matematici classici ad intuire alcuni concetti essenziali del caos; nel suo testo Science et Methode, edito da Flamarion nel 1908 così scriveva: “.. una causa così piccola da sfuggire alla nostra attenzione può condizionare un considerevole effetto che non possiamo ignorare; in tale situazione noi diciamo che l’effetto è dovuto al caos. Se noi conoscessimo esattamente le leggi della natura e la situazione dell’universo nel momento iniziale potremmo predire esattamente la situazione di quello stesso universo nel momento successivo. Ma quand’anche le leggi della natura non avessero per noi alcun segreto, potremmo ancora conoscere la situazione solo in modo approssimativo. Se una tale conoscenza ci permettesse di predire una situazione successiva con la stessa approssimazione, questo è tutto ciò che chiediamo, e diremmo che il fenomeno è stato predetto e che è governato dalle leggi. Ma non sempre è così; può infatti accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali producono nelle successive un errore enorme. La predizione risulta impossibile.” Questo scritto di Poincaré fu dimenticato, l’unico discepolo negli Stati Uniti a prendere sul serio il suo monito fu appunto George D. Birkhoff che al MIT ebbe tra i suoi allievi un certo Edward Lorenz!
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