Le lastre di pietra della via Appia alle falde del Vesuvio solcate da mille e mille ruote dei carri degli antichi romani e poi sepolte dalle ceneri del Vesuvio sono rimaste simili per più di 2000 anni nello stesso incrocio.
Una foglia strappata dal freddo vento volteggia nell’umido pomeriggio autunnale.
Ogni situazione, ogni avvenimento possono essere espressi sia in termini figurati che matematici; il che non significa che la sorpresa del ritrovamento della strada dissepolta o la poesia che avvertiamo nelle eleganti volute della foglia diminuiscano; sono solamente avvertite – purtroppo non dai più - in una diversa dimensione da assaporare, a secondo della sensibilità e della cultura individuale.
I fenomeni fisici possono presentare due tipologie dinamiche: quella deterministica, in cui l’equazione del moto è lineare in quanto la sua dinamica, conoscendo la causa che la determina, si comporta in modo prevedibile; è questa – grosso modo – la dinamica a noi familiare dell’universo newtoniano, dell’universo ad orologeria, che generalmente conosciamo e frequentemente, ma erroneamente, consideriamo essere propria di tutte le dinamiche naturali. Il considerarle deterministiche ci dà sicurezza, ma in realtà le dinamiche naturali, che speriamo poter essere prevedibili, raramente lo sono, infatti nella loro totalità (anche lo stesso moto degli astri), pur essendo genericamente deterministiche, non solo non sono lineari, cioè non prevedibili, ma sono strettamente dipendenti dalle condizioni iniziali: cause impercettibili sono foriere di imprevedibili conseguenze. La rappresentazione grafica della dinamica non può essere esplicitata da una retta su di un piano, in un asse cartesiano, ma può essere riassunta da un punto che rappresenta in un istante la convergenza dei diversi piani dello spazio delle fasi, ovvero di tutte le diverse dinamiche esplicitate su ciascun piano: punto che rappresenta la sommatoria di tutti gli eventi che contribuiscono al determinismo della dinamica; questo punto, nel tempo, posto in uno spazio tridimensionale, disegna una linea che rappresenta l’attrattore del sistema, ovverosia l’evoluzione e la dinamica dell’evento. Queste poche righe non devono assolutamente spaventarvi, perché, per la risoluzione delle problematiche qui poste in evidenza, sono occorsi più di trecento anni di studi approfonditi e di amare sconfitte per scienziati col cervello sicuramente al di sopra della media, prima di poter essere risolte; la mia speranza è di farvele comprendere in poche righe!
Questa la storia: la storia del problema dei tre corpi, che é iniziato quando Newton [1] affrontò il quesito dell’orbita di un corpo celeste sottoposto all’attrazione di un secondo corpo; nella sua opera principale nel “Philosophie naturalis principia matematica” [2], l’ordinatore dell’Universo risolse brillantemente il problema: l’orbita non poteva essere che ellittica, iperbolica o parabolica. Ma il problema si complicò nel momento in cui lo scienziato volle affrontare lo studio dell’orbita della luna, il terzo corpo, considerando nelle sue equazioni le reciproche attrazioni della terra e del sole sul nostro satellite. Questa complessità costituì l’irrisolvibile problema dei tre corpi, che non potendo essere risolto, amareggiò a tal punto Newton da farlo allontanare definitivamente dagli studi astronomici e indurlo ad abbandonare la prestigiosa cattedra di Cambridge! Sconfitto dalla Luna, svolse poi un incarico direttivo alla zecca di Londra, forse anche per il fascino del “vil denaro”! Non fu il solo studioso ad essere sconfitto: nei lustri a venire Leonard Eulero [3], Joseph-Louis Lagrange [4] e Pierre Simon Laplace [5]: uno dopo l’altro fallirono nel tentativo di risolvere lo stesso problema. E dopo più di cento anni Henri Poincarè [6], l’antesignano degli studi sul caos, propose un metodo del tutto originale per risolvere l’annosa questione. La affrontò abbandonando lo spazio a tre dimensioni a noi familiare e si pose in uno spazio astratto e virtuale a più dimensioni: lo spazio delle fasi; immaginò per ogni corpo oltre le tre dimensioni classiche, anche le tre coordinate delle velocità e cioè per ogni corpo sei piani diversi, che sommati ai restanti dodici dei due corpi rimanenti, gli fece concepire uno spazio a diciotto dimensioni, tutte rappresentate da un unico punto, che nel tempo percorre e disegna l’attrattore [7], essenza riassuntiva della dinamica complessiva del sistema. La stranezza e la magia di un attrattore strano [8] consiste nella capacità unica di abbinare due concetti antitetici: l’ordine e l’imprevedibilità: in uno spazio finito, l’infinito!
Per risolvere matematicamente i problemi delle dinamiche caotiche anche i più potenti elaboratori, che riescono ad eseguire miliardi di operazioni al fed-secondo, falliscono; ciononostante, con margini approssimativi riescono ad indicare una certa e a volte utile soluzione. Recentemente Charles Menevau della John Hopkins University ha elaborato per alcuni modelli di turbolenza una nuova equazione [9], che permette di descrivere in maniera semplificata l’intermittenza, complessa caratteristica della turbolenza. L’intermittenza, fenomeno tipico di tutti i moti turbolenti, è la comparsa di improvvisi e bruschi cambiamenti di velocità del flusso in alcune regioni del fluido in movimento. Con questa equazione, si spera, i moti turbolenti in campo meteorologico, nell’astrofisica ed in ingegneria potranno essere, se non risolti totalmente, chiariti e modificati. Quel fastidioso e improvviso gorgoglio che a volte avvertiamo nelle tubazioni delle nostre case potrà anche essere finalmente eliminato!
La complessità è caratterizzata dall’assenza di simmetria; anche se al suo interno possono esistere isole di ordine e di simmetria. Ma cos’è la simmetria?
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